Tre domande ad un componente essenziale del progetto, selezionato da Giuseppe proprio per la passione con cui rappresenta le opere di pittura ad olio:
Cos’hai pensato del progetto Hagackure quando ti è stato proposto?
Ho pensato che poteva essere la chance della mia vita. Ho sempre vissuto di grandi tormenti interiori, di grandi ispirazioni, ma anche della profonda sensazione che il mio animo e il mio talento fossero spesso incompresi. Credo poi in fondo che quale migliore dimora possa accogliere l’intrecciarsi di questi moti così intensi e disparati fra loro che quella di un artista che poche occasioni ha vissuto per poter esprime appieno la propria vena artistica. E già, perché per me Hagackure è stata proprio l’opportunità per farmi conoscere, quel momento fortunato che forse aspettavo da tempo, e che mi desse la possibilità di volare più in alto e di toccare vette più elevate e diverse da quelle sperimentate fino ad ora. Questo connubio esclusivo di arte e d’informatica mi ha permesso di saggiare l’arte insieme e attraverso un campo del tutto nuovo. E poi, per la prima volta lavoro in un gruppo vivendo una diversa dimensione dell’arte che non è più solitudine e riservatezza, ma anzi scambio continuo di passioni, di emozioni e perché no anche di tristezze. Mi sento parte importante di questo gruppo e per questo e per tutto ciò che devo a me stesso, ho mille aspettative da Hagackure.
Quali sono le difficoltà principali dei quadri?
L’arte è sempre difficoltà perché in quanto tale significa elaborazione e soprattutto esternalizzazione dei propri sentimenti e della propria intimità. In questo caso il lavoro e la difficoltà vengono raddoppiate, mi spiego meglio: se è lungo e sofferto il percorso che un artista compie per realizzare un’opera che diventa poi proprio il frutto di questo percorso, ancora più impegnativo ed intenso è il cammino che si fa nell’interpretare ciò che non si è vissuto direttamente ma che deve trovare spazio ed eccitazione dentro di se. Sul piano tecnico non ho trovato alcuna difficoltà, ma proprio questo lavoro d’interpretazione degli hakers se in qualche modo, in un primo momento, mi ha confuso un po’, dopo ha rappresentato la peculiarità che l’ha reso ai miei occhi interessante, ed indiscutibilmente affascinante.
Come vedi il futuro di Hagackure?
Bisogna darsi un po’ di tempo e fornirsi di quella pazienza che è sintomo di un lavoro di grande estensione e di grande complessità che non tocca solo l’aspetto professionale e materiale, ma anche e soprattutto quello personale. Hagackure è un progetto il cui lavoro si estende e si sviluppa non in uffici, non in sterili luoghi, ma dentro di noi attraverso le nostre percezioni della vita, attraverso i nostri umori, le nostre gioie e le nostre paure. È un lavoro che si impregna e che passa dal mio io più profondo. Quello che vedo nel futuro è un Hagackure conosciuto nei posti giusti e dalla giusta gente, è una creazione nata da poco, la vedo crescere e con essa vedo crescere me stesso.
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