martedì 20 ottobre 2009

Francesca Santucci - Suggestioni e Meraviglie



Ombre e luci tra Seicento e Settecento
Raccolta di saggi

Kimerik, ottobre 2009

Fra Seicento e Settecento, Barocco e Illuminismo (tempi di soprusi e ribellioni, fermenti e mutamenti, decadenze e (ri) fioriture, forma e sostanza, basso ed alto, profano e sacro, razionalità e spiritualità, ombre e luci, contrasti ed armonie, suggestioni e meraviglie di personaggi (uomini e donne e maschere dalle vite appartate o corsare), esploratori, iperbolici, curiosi, cerimoniosi, ribelli, stravaganti, singolari, artefici di opere ed imprese grandiose e creatori silenziosi, capaci di osare e stupire, nel bene e nel male, ciascuno nel suo campo competente (Ognuno ha i suoi doni, e il mio talento è così fatto che nessuna opera, per quanto vasta possa essere per la quantità e la varietà delle cose da rappresentare, ha ancora superato il mio coraggio. Rubens), nel pensiero e nel costume, nel privato o in un più ampio contesto, nella letteratura (È del poeta il fin la meraviglia…G. B. Marino), nell’arte (L’arte sta in far che il tutto sia finto e paia ver. G.L. Bernini), sul mare a tentare nuove avventure, consapevoli del comune destino di precarietà (Ben so che sono alito fuggente…Ciro di Pers) spinti dall’intima urgenza o dal puro piacere, talvolta anche eccessivi, di esprimersi, affermarsi, conquistare (una terra o il cuore di una donna, come il brillante veneziano, Casanova, che a nessuna seppe resistere e tutte ebbe), anche divertire, con un vezzo o un lazzo (come non sorridere della doppia natura del pirata gentiluomo, Stede Bonnet, che si macchia di omicidi e poi nel tempo libero vaga in vestaglia sulla nave leggendo libri? Come non ridere della fame viscerale e assoluta di Pulcinella, desideroso solo di non fare nulla nella vita?). Personaggi capaci di osare, come Giulio Cesare Cortese (che seppe imporre la letteratura dialettale napoletana ed irridere al barocchismo più esasperato dell’epoca), come Rembrandt (che reinventò il ritratto di gruppo), come la Sirani (che dipinse da homo, ma anzi più che da homo), come Madame de Sévigné (che scrisse solo per il piacere di farlo: C’est mon unique plaisir que de vous écrire…), come il controverso Principe Raimondo de’ Sangro (che fortemente volle la Cappella Sansevero, concentrato di stupende opere d’arte in sospensione fra virtuosismo tecnico, sogno e magia), come le donne pirata (che non esitarono ad indossare abiti maschili, insinuandosi in un universo rudemente virile, pur di solcare il mare). Personaggi capaci di suscitare (per un verso, una pennellata, un colpo di scalpello, un progetto, una scelta, un’impresa, un’avventura) riflessione e sorriso, commozione e perplessità.Personaggi capaci, sempre, di stupire: stupefacente la smorfia di stupore ed orrore sul volto del caravaggesco gigante decapitato e la ricchezza d’immagini con cui il Marino fa librare sempre più in alto il canto dell’usignolo; stupefacente la trasparenza impressa dal Bernini ai capelli di marmo della sua Dafne e lo splendido intreccio di fili dell’arazzo di Alessandro Magno ideato (e pure parzialmente dipinto) dal Le Brun. E stupefacente l’opera degli artisti presepiali napoletani (grandi innovatori soprattutto in questi due secoli) che, celebrando la nascita del Bambino, contribuirono a tramandare la tradizione artistica locale e a diffondere il divino messaggio universale.
Francesca Santucci

venerdì 16 ottobre 2009

Personale di Giuseppe Nubila


Titolo dell’evento: Personale di Giuseppe Nubila
Artista: Giuseppe Nubila
Spazio espositivo : Caffè emporio
Data di vernissage: 3 novembre
Data di chiusura: 29 novembre
Inaugurazione 3 novembre ore 19
Piazza dell’Emporio, 2 00153 Roma

A cura di Tiziana Di Bartolomeo
e Francesca Romana Afflitto
critica a cura di Gianluca Tedaldi

Organizzazione: Seven Pm 3471828458
www.sevenpmeventi.it info@sevenpmeventi.it
Espressioni D’Arte
www.espressionidarte.it info@espressionidarte.it

La recente pittura di Giuseppe Nubila si è calata nella dimensione onirica.
La sua dimostrata abilità nella resa figurativa delle immagini e la padronanza delle atmosfere, rese con la tecnica tradizionale dell'olio su tela (come pochi moderni sono in grado di fare), si è spostata dalla ricerca realista del rapporto con il modello presente e si indirizza all'evocazione di stati d'animo, resi con efficacia. Le figure di Nubila vibrano come se sfiorate dall'irresistibile inquietudine della vita corrente.
Si tratta di atmosfere che sono segnate da un crepuscolo, un momento favorevole alla meditazione ma anche al sorgere di umori e visioni.
L'estrema modernità che stiamo vivendo ha appuntato la sua attenzione su un crinale oltre il quale c'è l’abbandono delle certezze razionali e sembra di intravedere l’incomprensibile. Forse, è il momento favorevole per cercare di abituare l’occhio della mente (e della sensibilità) a questa perdita di sicurezze riguardo alla possibilità di padroneggiare il mondo esterno e di iniziare una conversazione con l'interlocutore meno facile, lo specchio. Per un artista questo vuol dire porsi di fronte ad un diaframma dal quale le immagini dell’universo circostante vengono filtrate e si trasformano in autoritratti.
Esiste un'arte di evasione, rassicurante, che svolge il suo compito di aggirare le domande più pressanti dell'esistenza e del destino umano: è un’espressività che cerca nello spettatore la complicità per allestire una breve festa dei sensi.
Giuseppe Nubila, invece, si addentra in un percorso dove le rappresentazioni non sono così confortanti e, allo stesso tempo, agisce la fascinazione dell’ignoto. In termini più concreti, di mestiere, è evidente che l’artista non rinuncia alla qualità artistica dell'opera, come fosse una fiaccola che va tenuta stretta per avanzare in quel viaggio; cosa incontra, strada facendo? Il mistero della condizione umana fatta di fisicità che però sempre si rivela veicolo di sentimenti.
La sensualità delle sue ultime figure femminili non è tanto una proposta quanto un incantesimo del quale non sembra conoscersi antidoto (e i capelli gorgonidi di alcune modelle quasi visualizzano questa lettura); le scene suscitano domande: perché la donna sorridente, dal busto nudo, ha labbra ma non pupille? La maschera cui allude sembra l’adattamento di un calco postumo: Eros e Tanatos? Altri personaggi compiono gesti allo stesso tempo enigmatici ed estremi e la pittura (liquida, dall’impasto cromatico lunare) ha la flagranza di un atto appena compiuto. Un Cristo sofferente ritorna all’originaria sua condizione sacrificale, libero dagli abbellimenti della tradizione classicheggiante.
Rispetto alla sua precedente produzione, il colore serale, caldo bruno, si è fatto plumbeo ed ha acquisito l’enorme varietà del continente dei grigi. Lo spettatore potrà anche meravigliarsi che l'artista gli rammenti che il paesaggio interiore comprenda anche ombre, il lato oscuro della sensibilità: attraverso l'immedesimazione che si produce, però, il riguardante può seguire l’artista in percorso avventuroso senza rischiare la vertigine che quel cammino fa provare e che il pittore vive in prima persona. Al sicuro sulla riva, il riguardante si fa testimone di un dramma nel quale può riconoscersi e dalle tensioni del quale può anche liberarsi perché sono state portate alla luce.

Claudio Pozzani e S-Volta Celeste di Valter Boj a Parigi e Istanbul

Il poeta genovese Claudio Pozzani e il progetto S-Volta Celeste creato dall’artsta Valter Boj saranno presenti presso il prestigioso Théâtre Molière della Maison de la Poésie di Parigi e nell’auditorium dell’Istituto Italiano di Cultura di Instanbul.
Pozzani rappresenterà l’Italia con Valerio Magrelli alla conferenza internazionale Les poètes inventent l’Europe che si svolgerà il 17 ottobre presso il prestigioso teatro parigino.
Pozzani non è solo uno dei poeti italiani più invitati all’estero, ma negli ultimi 15 anni ha creato molti eventi letterari in Europa e più precisamente in Francia, Belgio, Germania, Finlandia, Austria.
Il suo intervento verterà proprio sull’idea di poesia come linguaggio interculturale e sarà seguito da una lettura di brani tratti dal suo CD di imminente pubblicazione intitolato “La marcia dell’ombra”.
Valter Boj è l’ideatore del progetto S_Volta Celeste e ha realizzato interamente a mano oltre 150.000 stelle in ceramica, con una lavorazione a tre cotture successive volte ad ottenere il caratteristico “effetto bluBoj” e “biancobrillante”.
Nella stessa settimana Pozzani darà uno spettacolo anche a Istanbul, dove farà una performance di poesie futuriste nell’auditorium dell’Istituto Italiano di Cultura. I testi interpretati saranno di Marinetti, Palazzeschi, Carli, Folgore, Farfa.
Claudio Pozzani ha dato “forma” e “solidità” alla sua poesia realizzando numerose opere in ceramica nell’atelier di Valter Boj ad Albisola. Questi lavori sono delle vere e proprie rappresentazioni in tre dimensioni delle sue liriche e sono state pubblicate anche nel CD “La marcia dell’ombra”.
Lo scorso giugno, alcune di queste opere e dipinti di Valter Boj sono stati esposti presso gli splendidi spazi della Loggia degli Abati di Palazzo Ducale, nel contesto della mostra S-Volta Celeste in occasione del 15° Festival Internazionale della poesia di Genova.
S-Volta celeste ha già dato vita a numerose mostre e installazioni in Italia e all’estero: nel 2008 il progetto ha coinvolto Bologna, Faenza, Roma, Vienna, Parigi, Berlino, Helsinki, Gent Linea Art Belgio, con esposizioni e performance.
Anche il poeta e artista John Giorno, icona della cultura americana del Novecento, fra pop-art e beat generation, ha creato delle opere per S-Volta Celeste. Nel mese di giugno ha lavorato presso lo studio di Valter Boj di Albisola realizzando in tale occasione “pezzi unici” in ceramica nei quali sono riportati i versi delle sue poesie più famose. Il famoso poeta ha poi partecipato, sempre nello stesso periodo, all’inaugurazione della scultura monumentale “Opera prima” che Valter Boj ha
realizzato ispirandosi ad una famosa poesia di Claudio Pozzani: “Non so se il mare”.
L’incipit della poesia, “Non so se il mare fabbrichi le onde o le subisca” ai quali Boj si è ispirato, è stato riproposto nel monumento scritto con speciali led azzurri su pannelli trasparenti, creati per l’occasione dalla ditta TS TECNOSISTEMI di Torino e montati su una struttura metallica che rappresenta lo sviluppo di una stella nello spazio.
La scultura in ferro a forma di stella, ha una struttura di oltre 4,50 metri di altezza , di colore “blu oltre cielo” ed è stata realizzata dall’artista Valter Boj in collaborazione con la ditta Albiscavi di Albisola. Essa sintetizza quel rapporto tra microcosmo e universo che è l’ossatura concettuale della produzione poetica di Pozzani e della filosofia del progetto S-Volta Celeste di Valter Boj.
Il monumento è situato ad Albissola Marina in Piazza Liguria.

domenica 11 ottobre 2009

JEAN PIERRE VELLY. ZWISCHEN DEN WELTEN (Between the worlds)

mostra JEAN PIERRE VELLY. ZWISCHEN DEN WELTEN (Between the worlds) che si svolgerà Sabato 31 Ottobre p.v. alle ore 16.00.
All’inaugurazione interverranno Gerd Lindner, direttore del Panorama Museum, i curatori Pierre e Julie Higonnet dell’Associazione Amici di Jean Pierre Velly e Rosaria Fabrizio, responsabile organizzativa della mostra.

La mostra resterà aperta fino al 7 Febbraio 2010 e sarà visitabile dalle 10.00 alle 17.00.
La mostra sarà accompagnata dal catalogo ufficiale corredato da testi di Jean Pierre Velly, Gerd Lindner, Pierre e Julie Higonnet, Giuliano de Marsanich, Rosaria Fabrizio e Giorgio Soavi.

Per la prima volta in Germania verranno esposte presso il Panorama Museum circa 160 opere tra dipinti, disegni, incisioni, acqueforti, acquerelli, dell’artista di origine francese Jean-Pierre Velly. L’artista che aveva adottato l’Italia come sua seconda patria, tragicamente scomparso a soli 46 anni, è considerato uno dei più grandi visionari del XX Secolo. Ha saputo perfettamente coniugare le visioni fantastiche con una bravura di tecnica e abilità pittorica. Realtà e mondo onirico erano per lui l’una lo specchio dell’altra.

PANORAMA MUSEUM
Am Schlachtberg, n° 9
D- 06567 Bad Frankenhausen

Per qualsiasi ulteriore informazione:
d.ssa Rosaria Fabrizio responsabile mostre Panorama Museum
cell. 328-8737753 e.mail eventi@lagalleriachevorrei.it
www.panorama-museum.de
www.lagalleriachevorrei.it

BIANCO NERO BLU E ROSSO


Una selezione di tredici artisti delle arti visive partecipano alla Rassegna dal titolo BIANCO NERO BLU E ROSSO, un inno ai colori e non colori che maggiormente affascinano sia chi fa arte sia chi la ammira. Gli artisti selezionati per l’attinenza del loro lavoro al tema, esporranno in settembre ottobre e novembre presso le tre locations coinvolte.
In mostra sarà disponibile una brochure pieghevole,con presentazione critica a cura della dott.ssa Francesca Mariotti, curatrice .
L’esposizione partita dall’Archi Gallery di Milano, dal 12 al 27 settembre, giunge ora al Francoise Calcagno Art Studio di Venezia, www.calcagnoartstudio.com, dove resterà dal 10 al 24 ottobre. Si concluderà quindi nel nuovo Spazio d’Arte L’ALTROVE di Francesca Mariotti, a Ferrara, via De Romei 38, dal 30 ottobre al 10 novembre.
Le opere in esposizione creeranno un percorso legato di volta in volta ad uno dei colori dominanti scelti, passando dal BIANCO E NERO alle opere in BLU per finire in una serie di ROSSI, espressione di passione sofferenza o amore.

“ Il percorso pensato è nato dalla collaborazione con tre gallerie attente alle nuove tendenze dell’arte contemporanea ed a quanto maggiormente affascina gli amanti della creatività più vicina al nostro tempo. Il colore ci trasmette effetti psicologici ed emotivi. In special modo il Bianco è pulizia, innocenza, spazio, purezza, castità, semplicità e pace. Ma anche morte (culture orientali), freddezza e sterilità; il Nero è associato al potere, eleganza, magia, mistero e notte. Simboleggia anche lutto e morte (culture occidentali), cattiveria, infelicità, tristezza, rimorso e rabbia; e ancora il Blu che simboleggia la calma, l'acqua, il cielo, l'armonia, la fiducia, la pulizia e la lealtà, ma anche la tristezza e lo speen; ed infine il Rosso, colore forte che esprime la passione, l'amore, il calore, l'alimentazione, la resistenza ed è ricco di stimoli, al punto da risultare per molti un colore aggressivo, in quanto trasmette un senso di pericolo, associato anche all’immagine del sangue, del fuoco e della violenza. Una mostra che sottolinea i diversi significati del colore nell’ arte e nella società contemporanea, ma in cui viene esaltata anche semplicemente la BELLEZZA DEI COLORI e del loro interagire, creando equilibri di emozioni e comunicazioni sensoriali diverse. COLORE che sempre esprime emozioni e che dai primordi della storia dell’Arte ma non solo , è stato utilizzato per esternare ed evidenziare i momenti più salienti del mondo interiore dell’uomo, in relazione alle vicende della società .”

Artisti partecipanti:
LILIANA BORDONI, CARMELO LEONE, ROSADELE CONTI, GIULIA TASSO, SIBERIANA DI COCCO, MIRELLA SCOTTON , RODOLFO LEPRE, NICOLA QUICI, PATRIZIA TESTONI
FRANCESCA NICOLI, MARIA CHIFFI, ELEONORA BIANCO, MARIO FOIS.

PER INFORMAZIONI:
Françoise Calcagno: (+39) 339 11 34 786
Francesca Mariotti: (+39) 349 69 57 480

Archiviarti, la mostra...

La vetrina digitale creata da Fabbrica Borroni e dedicata a giovani autori della scena contemporanea diventa oggi una grande esposizione collettiva.

In mostra opere di: Guido Airoldi, Marco Bernardi, Giancarlo Bozzani (BOZ), Giuseppe Ciracì, Tamara Ferioli, Marta Fumagalli, Cristina Iotti, Luciana Lavelli, Rocca Maffia, Gabriele Marsile, Andrea Martinucci, Ilaria Mazzocchi, Stefano Momentè, Monticelli & Pagone, Sabrina Ortolani, Marilena Pasini, Guido Pecci, Arianna Piazza, Riccardo Pirovano, Emanuela Pischedda, Torregar

A cura di Fiordalice Sette


Dal virtuale al reale. Archiviarti, lo spazio web dedicato ad artisti emergenti nato lo scorso giugno presso la Fabbrica Borroni, diventa ogni giorno più importante. Un database a completa disposizione del pubblico per conoscere e scoprire nuovi autori, selezionati per l'originalità e la freschezza delle loro opere, che ha inaugurato un nuovo e più libero approccio al mondo dell'arte contemporanea.

Sulla scia del successo riscontrato e delle numerose richieste pervenute, Archiviarti si trasforma oggi in una mostra, che già si preannuncia tra gli appuntamenti principali nel calendario autunnale degli eventi artistici milanesi e italiani.

"Archiviarti - la mostra", che vede il patrocinio della Provincia di Milano e del Comune di Bollate, verrà inaugurata il prossimo giovedì 8 ottobre nella suggestiva cornice postindustriale di Fabbrica Borroni, spazio ormai da anni votato al mondo dell'arte contemporanea, sede di mostre, eventi culturali e di una collezione permanente tra le più prestigiose a livello italiano.

La collettiva, curata da Fiordalice Sette, assistente alle attività culturali di Fabbrica Borroni, ospita ventuno artisti provenienti da tutta Italia e dall'estero, precedentemente selezionati nel contesto dell'originario progetto web di Archiviarti, le cui opere, già visibili sulla rete, si potranno finalmente ammirare dal vivo.

Quadri di piccole, medie e grandi dimensioni, dipinti con le più svariate tecniche, dalla pittura ad olio alla tempera acrilica, fino ad arrivare al metallo, alla resina e alle polveri di gesso e madreperla. Ma anche installazioni, disegni, fotografie rielaborate al computer, opere realizzate secondo i dettami dell'era digitale e ormai annoverati a pieno titolo nel variegato mondo dell'arte contemporanea. Persino costumi teatrali, come nel caso della genovese Emanuela Pischedda, di professione scenografa, che con i suoi tessuti, nelle parole della curatrice Fiordalice Sette, «cerca di superare la dicotomia esistente tra arti cosiddette "maggiori" e "minori". I suoi costumi sono carichi dei sentimenti dei personaggi da interpretare, veicolano atmosfere lontane nel tempo e nello spazio, proprio come un bel quadro, una scultura o un palazzo».

Il panorama artistico che il pubblico di "Archiviarti-la mostra" avrà la possibilità di conoscere e apprezzare è ampio e articolato, con autori sia già conosciuti, protagonisti di numerose personali e collettive e vincitori di premi e riconoscimenti a livello nazionale e internazionale che giovanissimi, agli esordi in questo campo ma dotati di straordinarie potenzialità che già si evincono nelle loro opere prime. Come nel caso di Andrea Martinucci, la cui ricerca, dice Fiordalice Sette, «mostra la volontà di liberarsi dagli schemi che ci fanno vivere quotidiamente nella frustrazione. All'interno delle sue tele e delle immagini ritoccate, i suoi personaggi seguono istinti e bisogni momentanei, risultando spesso scontrosi verso chi li circonda, ma per questo ancora più autentici».

Di grande impatto è il lavoro del bergamasco Guido Airoldi, che recupera immagini di animali tratte da manifesti circensi in una sorta di profani e moderni ex voto, «ponendoli all'interno di un ambiente asettico, quasi ospedaliero, totalmente bianco, permettendo all'osservatore di coglierlo nella sua pura essenza».

Il riminese Marco Bernardi indaga l'universo femminile perso nei meandri della rete di blog e social network, le cui protagoniste, «deposta la loro maschera, si rivelano forti, combattive o fragili e insicure, senza perdere mai comunque fascino e femminilità». Il milanese Giancarlo Bozzani (Boz), artista per hobby, si concentra invece, nei suoi quadri realizzati con olio e pasta di gesso, sulla rappresentazione della vecchiaia, «con figure che sembrano delle presenze, quasi dei fantasmi che entrano profondamente nella nostra vita e la caratterizzano». E ancora: i ritratti di Giuseppe Ciracì, permeati da «una ricerca metafisica che si addentra nel personaggio, nella sua psicologia, ma anche nella sua stessa carne»; la legnanese Tamara Ferioli, che realizza quadri con i suoi stessi capelli, «traccia materiale che diventa parte dell'opera, capaci di assorbire
odori, ambienti e ricordi»; le donne tratteggiate da Cristina Iotti, «che si denotano per una grande pulizia formale e precisione estrema»; le cornici "invecchiate" di Luciana Lavelli, «che emanano un'energia archetipica, suggerendo senza ansie il naturale corso del tempo»; i collage di Rocca Maffia, «che catapultano lo spettatore in un universo onirico, richiamando l'attenzione sulle convenzioni linguistiche della nostra società»; le incantevoli immagini floreali di Gabriele Marsile, realizzate con una tecnica estremamente accurata, «alterando il naturale equilibrio petalo-foglia, salvandoli dalla caducità del tempo e rendendoli eterni».

Di grande particolarità è anche la ricerca creativa della piemontese Ilaria Mazzocchi, in un insolito connubio tra arte e biotecnologie: non quadri ma tessuti, i quali, dice Fiordalice Sette, «non sono portatori di un semplice valore estetico, ma sono ricchi di messaggi sociali, grazie alla messa a punto di focus su vari temi, come l'inquinamento radioattivo, che l'hanno colpita, e di cui ritiene sia utile divulgare notizie e approfondimenti tramite la sua arte».

Vi si aggiungono le citazioni e rivisitazioni su plexiglas e lastre tipografiche di Stefano Momentè, che ci fanno capire «l'effimera realtà dell'arte, appartenente ad una dimensione estemporanea»; Marta Fumagalli con le sue installazioni, che «caricano l'arte di significati sociali, rendendola un'esperienza da elitaria a democratica»; il gruppo Monticelli & Pagone, alias Alessandro Monticelli e Claudio Pagone, originale sodalizio «che ama indagare sul tema del doppio, analizzandolo con gli stessi strumenti forniti dalla psicologia, come la tecnica della libera associazione tra macchie e segni»; Sabrina Ortolani, che nelle sue tele, fotografie, incisioni, coglie la bellezza insita in opere di per sé alienanti, come autostrade e vecchie automobili, «dotati di una luce straordinariamente intensa, che dona loro nuova giustizia»; le suggestioni di Riccardo Pirovano tra sogno e realtà, «un fluido in continuo divenire»; le creature «quasi fiabesche» di Marilena Pasini; le immagini "al bitume" di Guido Pecci, «la cui aggressività e rude forza espressiva colpiscono istantaneamente lo spettatore»; le tele di Arianna Piazza, dalle atmosfere «giocose e disimpegnate»; le allegorie dello spagnolo Torregar, alias Josè Antonio Torregrosa García, «che esplora gli estremi della vita umana, nascita e morte, in cui l'uomo perde la sua individualità e diventa parte minima, ma necessaria, di un processo naturale».

"Archiviarti - la mostra" nasce dal progetto Archiviarti, una selezione e raccolta di notizie, su www.fabbricaborroni.it, di dati biografici e immagini relativi alla produzione emergente della scena nazionale, a cui Fabbrica Borroni desidera conferire visibilità tramite l'esposizione on line. Uno spazio aperto completamente gratuito, in particolare per quanto concerne l'attività di promozione svolta nei confronti degli artisti coinvolti. Questa la grande novità del progetto, all'insegna di un approccio libero e appassionato al talento creativo, lo stesso spirito di cui è ora permeata la mostra, naturale e fruttuosa evoluzione del progetto originario.

Fabbrica Borroni nasce a Bollate (Milano) per volontà di Eugenio Borroni, imprenditore e appassionato d'arte, che ha deciso di aprire al pubblico la propria collezione e dare vita ad una struttura tesa a promuovere la giovane arte italiana. La Collezione Borroni, allestita nell'affascinante cornice post industriale di un'ex fabbrica di collanti, comprende più di 500 opere, solo per citarne alcune, di Marco Lodola, Daniele Galliano, Paolo Schmidlin, Alessandro Bazan, Alfredo Cannata e molti altri, insieme a importanti testimonianze di street art con autori del calibro di Bros, Pao, Airone e Tv Boy. Oltre ad alcune importanti opere storiche di Lucio Fontana, Giuseppe Banchieri, Roberto Sernaglia, la Collezione Borroni costituisce una delle più complete testimonianze relative alla Scuola romana di Via degli Ausoni, comprendente dipinti di Bruno Ceccobelli, Nunzio, Piero Pizzi Canella e Marco Tirelli. Oltre ad accogliere la Collezione permanente, gli spazi industriali di Fabbrica Borroni sono stati restaurati e riconvertiti a struttura polifunzionale che ospita mostre (tra le più importanti ricordiamo "La nuova figurazione italiana" del 2007), eventi culturali, insieme ad una proficua attività di location per ricorrenze private e aziendali.

"Archiviarti - la mostra" sarà inaugurata l'8 ottobre e resterà aperta al pubblico fino al 25.

Curatore: Fiordalice Sette

Artisti espositori: Guido Airoldi, Marco Bernardi, Giancarlo Bozzani (Boz), Giuseppe
Ciracì, Tamara Ferioli, Marta Fumagalli, Cristina Iotti, Luciana Lavelli, Rocca Maffia,
Gabriele Marsile, Andrea Martinucci, Ilaria Mazzocchi, Stefano Momentè, Monticelli &
Pagone, Sabrina Ortolani, Marilena Pasini, Guido Pecci, Arianna Piazza, Riccardo
Pirovano, Emanuela Pischedda, Torregar

Fabbrica Borroni
Via Matteotti, 19
20021 - Bollate (MI)
Vernissage: giovedì 8 ottobre a partire dalle ore 18.30
Orari di apertura al pubblico: da lunedì a venerdì dalle ore 15 alle ore 19
Sabato e domenica dalle ore 11 alle ore 20
INGRESSO LIBERO
Con il patrocinio della Provincia di Milano e del Comune di Bollate

Attraversamenti memoriali


In questa mostra s’incontrano artisti con vari vissuti e con diverse partenze. Nelle opere degli artisti qui considerati si riflettono attraversamenti memoriali. Nelle cognizioni artistiche che oggi si presentano la memoria è fondo di avvio e i passaggi diaristici rafforzano un orizzonte di profili evocativi, aggettanti, risonanti. Alza il livello qualitativo la metabolizzazione di estremi, quelli epocali e quelli intimistici, quelli sociali e quelli domestici. Ogni artista invitato delimita un proprio ambito di ricerca, finitimo agli altri. Le rispondenze estetiche squillano e si specchiano, movimenti ed intrecci solidificano congetture e rimandi. L’incontrarsi per gli artisti è vivificare la comunicazione, il sentire comune, insomma, l’idem sentire e pronunciarsi per altre possibili incontri espositivi collettanei. Ogni mostra risponde ad un progetto; questa mostra risponde alla voglia di rendere praticabile l’arte contemporanea nel “Museo della Memoria”, luogo sacro di Pomigliano d’Arco, dedicato a Vincenzo Pirozzi, martire delle Fosse Ardeatine, inaugurato il 24 Aprile 2004, e spazio ripristinato di un vecchio ricovero, rifugio anti-aereo della seconda guerra mondiale. L’apprendimento, con la capacità di lettura e dell’orientamento critico, può derivare anche dall’arte contemporanea sagomata a riflettere sul passato, a valutare le sfide del presente, ad indirizzare la progettazione del futuro. L’arte contemporanea la si può leggere, oggi, per fortuna, anche nei grandi musei napoletani, ad esempio nel Museo Nazionale Archeologico e nel Museo di Capodimonte, nel Palazzo Reale ed al Museo Principe Diego Aragona Pignatelli Cortes (Villa Pignatelli), a stretto contatto con sculture ed affreschi dell’antichità o con capolavori del Medioevo e del Rinascimento o del Seicento, Settecento ed Ottocento Napoletano. Quest’esposizione è un incontro parallelo tra segni incisi ed espressioni raccolte sul “fil rouge” del ricordo, associato e spinto dalla voglia di andare oltre le leggi dell’uomo per avvicinarsi, invece, a quelle sagge della natura. Questa doppia declinazione del motivo del ricordo si pone come un’interpretazione più liberale per captare qualsiasi movimento o gesto, che ci circonda o ci abbraccia. Questa tesi più diretta riesce a convogliare, tra l’altro, anche la comunicazione non verbale in filtri letterari e visivi, sino ad arrivare a “fermare” la memoria come testimonianza del vissuto.
Antonio Ciniglio è nato ad Ottaviano (NA), dove attualmente vive e lavora. Diplomato all’Istituto Statale d’Arte di Napoli nel 1979, è stato allievo di Mario Persico e di Silvio Merlino. Di lui si sono interessati vari critici d’arte. Ha allestito personali e partecipato a collettive ed ha sempre riscosso favorevoli consensi di pubblico e di critica. Si occupa, inoltre, di progettazioni di interni e di arredamenti. La sua forte e concreta caratura si nutre di forti vivacità cromatiche costituite da densi impasti matrici e ci rimanda ad un espressionismo informale lacerante e ad una gestualità nordica molto vicina al Gruppo Cobra, nonché alle ammiccanti atmosfere materiche di Alberto Burri. La matericità delle sue composizioni affascina non solo per i suoi coinvolgenti risultati, ma per il mirabile innesto con frammenti di legno e pezzi di arredo recuperati, che formano, nella molteplicità dei casi, gabbie e schermaglie inaccessibili, luoghi della memoria inesplorabili, paesaggi di oscure mitologie. Queste poetiche e simboliche costruzioni scardinano i nostri sogni mettendo a nudo la nostra pigra memoria. E che dire altro di quest’artista nascosto, di quest’artista semisconosciuto sino ad ieri, ed oggi non più; semplicemente formidabile, perfetto nell’equilibrio e nella resa; insomma, semplicemente valido e con una gran possibilità di emergere, di estroflettere partecipate redazioni plastico-pittoriche. Le sue sono realizzazioni sentitissime, elaborazioni di forte sintesi di animate convergenze sentimentali. Vigorose incidenze ed iperbolici trasporti immaginativi d’incastri, pervasi da una sensibilità di eccellenze cromatiche lasciano trasparire impaginazioni astratte e costruzioni segniche di rara efficacia e di felice resa. Nel vedere le opere di Antonio Ciniglio si riconosce una creatività mai avventurosa, ma ricca di avventure, mai forzata, ma tratteggiata da icastiche sequenze, mai pellicolare, beninteso, ma punteggiata di preziosità alchemiche e ben sunteggiata da segmenti decisivi.
Maria Pia Daidone dettaglia incidenze icastiche del mondo antico collegate a particolari specificità antropologiche contemporanee in una teoria di qualità di accenti in cui emergono sintetiche redazioni figurali ed una sequenza di animali, simboli pseudoiconici, segni aniconici, personaggi zoomorfi, feticci piumati, biomorfismi, fortemente eloquenti, per una fantasia realizzabile, per un'altra realtà possibile, senza con questo scomodare gli alieni. Il campionario zoomorfico della Daidone è singolare verifica e distintiva prova di sorgiva creatività. Le tracce di abbreviazioni magiche squillano nell'intuito della memoria ed anche nell'acutezza del ricordo accorpata all'ansia germinativa del fare, ma intendono anche rivelare voglia di libertà, respiro della scoperta e volontà immaginativa, allargata e convinta. Le valigie del ricordo di Maria Pia Daidone, anche appuntate per formare essenze totemiche fabulistiche, tra sorprendenti macro-stampelle, del tutto impreviste, ospitano indizi e sottili amenità plastiche, che, insieme, riescono a combinare passato e presente ed a collegarlo ad un orizzonte futuro, alimentato da una produzione inconscia di viaggi, ricordi, migrazioni letterarie. Inconscio ed immaginazione siglano sostanziali sineddochi visive. Se i “totem” incorporano l'dea di casa-albero, le valigie premiano il senso della volontà, la voglia del viaggio, la scoperta del mondo, mentre le macro-stampelle risultano modelli di sintesi di immaginazioni gigantesche, di ingrandimenti a dismisura del gioco e dell'ironia. In un'autonoma visione stilistica, parabola di stimoli mitici e sensi misterici, Maria Pia Daidone determina la sua cifra artistica. Intende estroflettere brani dell'inconscio per incontrare il governo misurato e partecipe del concept, che, filtrando il tutto, indica un rilevante interesse per un itinerario d'aggancio naturalistico con presenze, mai sgradevoli, di inventate figure animali, rese simpatiche da un prorompente e sostanziale ingegno inventivo. Ma che dire delle inconsuete sedie, che accolgono sagome, ormai stanche di ergersi bi-faccialmente nel contesto spaziale eletto dell'artista, che accettano, sul piano della seduta, terracotte, condensate di nero o riassunte di rosso, segnate da inverosimili voli di tempi e di leggeri uccelli, o lustrate nelle trasparenze di un giallo paglierino, che ospitano, in una dolce e pallida filigrana, motivi sereni e antichi, figurine animali amabili e sottili, con qualche noticina conturbante. Anche le sfoglie semi-rigide che compongono una zolla di cartone, con uno strato trattato a cartapesta, accettano impronte graffite ed orme e segnali di esotiche, strane e diverse iconografie animali. Insomma, su qualsiasi supporto operi, l'artista vien fuori con il suo interesse e la sua passione per il mondo animale e per le frontiere futuribili su cui “gioca” dimensionando ambiti accettabili di naturalità possibili. Anzi, nei suoi lavori, “gioca” con il nero che “mette” luce, tanto da far risaltare altri colori ed emergenze segniche; insomma, il nero adottato è specchio convinto, sui cui si staccano emozioni, ma anche “lago di ebano” su cui scivolano consapevoli nuances, preziosi riverberi e capillari incidenze figurali. Comunque, le ultimissime redazioni pittoriche dell'artista ed, in particolare, sagome dal sapore magico, di freschissima datazione, su cui insistono anche segni, segnacoli, segnature e fremono graffi, incisioni, strofinature, accostamenti di sacro e profano, raccolgono le vertigini del nostro tempo e ci rimandano a tempi antichi, in cui un graffito si interpolava come primo significativo elemento segnico-simbolico di interpretazione e di comunicazione sociale. Le elaborazioni di Maria Pia Daidone provengono dall'icasticità del mondo remoto e si offrono nella prerogativa di un sistema di dettagli antropologici contemporanei di rilievo. La gamma molteplice di determinazioni dell'artista consacra un plafond visivo di caratura storica, che accoglie nella sua estensione rilievi epocali e caratteri attuali.
Giuseppe Malfi cerca di elaborare una particolare pittura che vuole intendere una linea espressionistica e presenta percezioni ed interpretazioni di sensi della realtà. I suoi scenari rispondono agli assilli quotidiani. La mano di Malfi determina, in un reticolato di scaglie, spaccate figurazioni tormentate da luci ed ombre. Vibrazioni s’avvertono. L'artista, sequenza dopo sequenza, immette su frantumate composizioni singolari espressionistici risultati. Nei suoi dipinti campiture veloci e forti accettano schegge ed impronte, che regolano frastagliatissimi personaggi e compulsanti ritmi. Il pensiero di Giuseppe Malfi oscilla tra pitture totalizzanti e gravide ed umorali atmosfere. Il tratto è. Particolarmente. focalizzato da dosaggi pieni e sembra che gesto e materia vogliano applicarsi in quotidiano esercizio pittorico ad esaminare sostanze dei soggetti. Sentimenti forti lo spingono a movimentare la tela e la società all’angolo della strada e gli eventi mondiali lo attraggono. Il nostro vivere ed i sussulti quotidiani sembrano interessarlo, coinvolgerlo. Il focus dell’azione espressionistica pittorica di Giuseppe Malfi prende spunto da incontri e da analisi.
In quest’esposizione segue in parallelo gli altri artisti; nelle sue opere raccoglie il fil rouge del ricordo ed interpreta in movimenti e gesti filtrate comunicazioni.
Errico Ruotolo è un artista che ci manca. La sua duttilità, combinata ad una rapida freschezza inventiva, aveva la capacità di suscitare, attraverso il ragguaglio di felici intuizioni sul sociale e di fervide riflessioni sul contemporaneo, estreme attenzioni. Su Errico Ruotolo abbiamo scritto nei lontani anni Ottanta su una rivista nazionale (“Errico Ruotolo a Teggiano”, in “Verso l’Arte”, nn. 25-26, settembre-ottobre 1984) dopo aver visto una sua mostra in provincia di Salerno, curata dall’amico critico Massimo Bignardi, che ci illustrò la sacra location e c’informò sull’attività dell’artista, sempre schivo, ma trattenuto a concedere sue opere a critici (salernitani, sic!) e sempre operante in ottiche sociali con visioni comuniste e post-comuniste, suo vanto e suo limite. Cosa scrivemmo, tra l’altro? Ecco: “Le opere di Errico Ruotolo vibrano di luci e si alimentano di tagli arditi. Le persone raccontate sulla tela appartengono alla vita culturale della città e alla cerchia di amicizie di Ruotolo. Ogni quadro non solo è un ritratto sui generis, ma rappresenta una personale interpretazione delle personalità fissate. Ruotolo si conferma pittore attento alla vita della città e per raccontare l’evoluzione della sua pittura ben ha scelto puntando su personaggi che hanno qualcosa da dire. I quadri sono cromaticamente esatti e suggestivi, ricchi di un certo fascino esistenziale.” Errico Ruotolo lo ricordiamo da Gaetano Ganzerli, da Raffaele Formisano, da Lucio Amelio, galleristi scomparsi che hanno fatto epoca, lì per informarsi, molto, e per illustrarsi, con pervicace discrezione. Il segno, lo scatto, l’emozione veloce gli rodevano dentro; voleva affrontare li temi cocenti della contemporaneità grazie a quegl’impulsi vitali che gli sussurravano dentro possibili soluzioni estetiche nutrite, sentite e tese. Le sue soluzioni pittoriche sciorinavano le scaglie di realtà assunte in un centrifugato mix di codici e segnalavano piani di acquisizioni di riflessioni e contropiani ipotetici di letture e d interventi. Su tematiche interessanti interveniva la sua gestione pittorica umorale, svelta, graffiante, qualche volta risentita, qualche altra volta caustica, qualche altra volta corroborante, ma sempre utile per ulteriori verifiche.
Aldo Salatiello ha sempre praticato una sana operatività e guardato alle tendenze di un’arte contemporanea avvisata, mai intorta e tortile; intendiamo precisare che Aldo Salatiello ha trovato opportuno e responsabile aggregare aggettazioni cromatiche ed utilità plastiche per determinare conformazioni sospese tra lirismi domestici e delicatezze formali, non dimenticando, però, accensioni critiche e rilievi cronachistici. Insomma, Aldo Salatiello conosce bene come comporre, come equilibrare, come misurare la portata estetica delle sue elaborazioni, che sono di gusto e di felice sintesi. Aldo Salatiello sa promuoversi, sa agire, sa indirizzare il suo impegno visivo in una ben distribuita e regolare acquisizione di dati in un campo recettivo di rimandi e di interconnessioni. La sua mano posa e situa, attiva ed innesta un concerto di emozioni sottese, mai malamente espanse o fuori tono. Le composizioni di Aldo Salatiello indugiano sul sentiero del limite ed indagano nuove possibilità espressive; insomma, l’artista sente e rifila colori e legni, tessuti e materiali vari ed ulteriori in una rete sistematica di attenzioni al quotidiano. Semplicemente le opere di Aldo Salatiello immagazzinano coordinate per esprimere regole mediterranee e positività occidentali nella volontà di affinare in stesure d’esercizio esercitati ripensamenti per ottenere un concentrato di soluzioni visive. Aldo Salatiello ben inquadra topiche attualità che ben alloca in una texture ben bilanciata ad integrare dati e a rispondere ad esigenze chiarificatrici. Aldo Salatiello, fondamentalmente, intende compulsare strati e stratificazioni, memorie e reliquie, dettagli e particolari per rendere soggettive amplificazioni.
Luciano Scateni è un felpato giornalista ed artista astratto. Abbiamo conosciuto il giornalista Luciano Scateni ai tempi di “Napoli a piedi”, manifestazione promossa dal quotidiano “Paese Sera”, che, per la prima volta, vedeva la città partenopea sotto l’occhio vigile e premuroso di alcuni consapevoli, che pensavano ad una metropoli con delle alternative per itinerari e per progetti futuribili. Luciano Scateni tratta la pittura per rinviare ad una frontiera di limiti, per assicurare orizzonti astratti, per fissare compatibilità estreme. Il suo è un racconto per sintesi, per valori cromatici, per segni dati. Colori e frazionamenti intendono nell’opera di Luciano Scateni rendere chiarificazioni, certezze, rigori. Classificare i propri moduli mentali in segmentazioni che possano incapsulare i pensieri sono chiare dimostrazioni di prudenti formulazioni. La franca sincerità dell’artista Scateni è di colloquiare per vie sintetiche e chiare, immediate e veloci. Se la figurazione è interpretabile e digeribile anche nelle sue doti di qualità, se qualità c’è, ovviamente, l’astratto-geometrico è un accettabile e assiduo assunto, se, ovviamente, di qualità. Il linguaggio astratto-geometrico riesce ad assolvere brevi ritmi a più funzioni; riesce ad inquadrare problematiche, riesce ad evidenziare le tensioni operative, riesce a sviluppare andamenti esercitativi, riesce a sbloccare le direzionalità di sensi e di sentimenti. I percorsi astretto-geometrici riescono a spendere bene i termini di questioni annose e riescono a centrare una potenziale, virtuale verità di tragitti di idee. Insomma, fondamentalmente, la grammatica visiva dell’astratto-geometrico affascina Luciano Scateni, che, per brevità e per scansioni icastiche sottolinea “vele” ed in altri campi ristretti la voglia di circostanziare motivi e motivazioni.

A cura di Maurizio Vitiello

Info Mostra

“Attraversamenti Memoriali”
al Museo della Memoria, Pomigliano d’Arco, Napoli
a cura di Maurizio Vitiello

Sarà inaugurata, al Museo della Memoria, Piazza Mercato, 80038 Pomigliano d’Arco, Napoli (tel. 081 884 91 20 - museomemoria@piazzacomune.it), domenica 11 ottobre 2009, alle ore 10.30, la mostra, curata da Maurizio Vitiello, intitolata “Attraversamenti Memoriali”, con opere recenti di Antonio Ciniglio, Maria Pia Daidone, Peppe Malfi, Errico Ruotolo, Aldo Salatiello, Luciano Scateni.
Catalogo e “cd”.
Sino a sabato 7 novembre 2009.
Orario: lunedi - sabato: 9-13; martedi – giovedi, anche: 16-19.

venerdì 9 ottobre 2009

Rachele Giordano, La seduzione dell’immagine a Palazzo Abadessa


Titolo dell’evento: La seduzione dell’immagine
Artista:Claudia Rachele Giordano
Spazio espositivo : Palazzo Abadessa
Data di vernissage: 7 novembre 2009
Data di chiusura: 6 dicembre 2009
Palazzo Abadessa • Calle Priuli, Cannaregio 4011, 30131 Venezia, Italia • Tel. +39.041.2413784 • Fax +39.041.5212236 •
Orari di apertura: 10-21
Ingresso libero
Orario di presentazione: 17,00
Curatrice : Tiziana Di Bartolomeo
Ufficio stampa:
ufficiostampa@espressionidarte.it ;
www.espressionidarte.it
rachele.giordano@email.it

Organizzazione:
berardo@tecnolayout.it
bbsarredi@yahoo.it
Testo critico di presentazione:
di Davide Corsetti


Osservando le opere di Claudia Giordano ci si immerge inevitabilmente in un mondo fresco e vitale, espresso attraverso colori guizzanti ed energici gesti dai quali emerge e prende forma una figurazione libera e spontanea dal taglio decisamente attuale. Nella Giordano infatti, si ritrova tutta l’energia e la creatività di una giovane artista che si racconta misurando la distanza che separa il proprio vissuto ed il mondo contemporaneo in un susseguirsi di immagini che ridisegnano e ricreano ambienti e personaggi con uno sguardo proteso all’identificazione dell’individuo ed alla sua priorità sul rapporto con il mondo che lo circonda.
In una realtà attuale così satura d’immagini, dalla pubblicità ai social network, la Giordano sceglie con consapevolezza di cogliere i suoi soggetti da riviste, pubblicazioni oppure album fotografici; sotto questi rispetti, ridisegnandone e rielaborandone la figura, reinterpretandoli in maniera vivida ed espressiva, imprimendo in essi una nuova linfa, “spogliandoli” ed estrapolandoli dal loro contesto, la Giordano sembra cercare di “liberare” letteralmente questi soggetti dal loro ruolo.
Operazione che può apparire vagamente “pop” per questo suo recupero di soggetti dal mondo della comunicazione di massa, ma che in qualche modo va oltre, che si nega, cancellando le sue tracce pop e dichiarando un intento più rivolto alla posizione ed al disagio dell’uomo moderno che vive l’era della comunicazione. Un disagio tuttavia che non viene trasmesso dalle opere della Giordano, che invece di condannare questa tempesta di immagini e di informazioni, propone una via da seguire, una sorta di guida alla ricerca dell’individualità di ciascuno attraverso la foresta di modelli che propone la società contemporanea.
Secondo questa chiave di lettura, Claudia Giordano parla di sé e di noi, del suo e del nostro cercare noi stessi e la nostra autenticità in un mondo di prodotti da comprare, di regole da seguire e di ruoli da interpretare; un mondo in cui la ricerca di sé è diventata un esercizio quasi archeologico, di scavo nel proprio vissuto e nella realtà quotidiana alla ricerca dei propri sogni e delle proprie aspirazioni, della propria naturalezza ed istintività; un lavoro su sé stessi e sul proprio sguardo sul mondo che implica un necessario sforzo di sintesi e di scelta ma soprattutto di eliminazione delle nostre paure di apparire inadatti o poco adeguati al comune senso di conformità.
E questo ben si riverbera nella sua particolare elaborazione delle opere: fotografie sintetizzate e rielaborate al computer che, ridipinte successivamente su tela o su tavola con decise pennellate a secco, scavano, cercano e ritrovano fresca immediatezza e lucida vitalità.
Un processo istintivo e calibrato al contempo quindi, in continua rilettura di sé stesso e di una via da seguire che possa essere il più possibile vicina ad una libertà espressiva ed allo stesso tempo cercando di non cadere nelle tentazioni di un’intimistica ricerca autoreferenziale ma riproponendo un immaginario in cui ciascuno possa riconoscersi e ritrovare la propria necessaria autonomia e libertà.
Identità liberate
Nota critica di Davide Corsetti (ottobre 2009)

mercoledì 7 ottobre 2009

Buste Dipinte

Domenica 11 OTTOBRE ore 15
Teatro Dal Verme
Via San Giovanni sul Muro 2, Milano
Festival delle Lettere
5a edizione
Regione Lombardia
Provincia di Milano – settore Cultura
Comune di Milano – assessorato alla Cultura
Buste Dipinte
realizzate da
Maurizio L'Altrella, Alfredo Casali, Gianluca Chiodi, Paolo Lombardi, Mihailo Beli Karanovic, Maurizio Carriero, Federico Romero Bayter, Andrea Zucchi, Giuseppe Veneziano, Filippo Barb ieri, Dario Goldaniga, Matteo Negri, Marco Cirnigliaro, Cristian Sonda, Pao, Occhiomagico, Federico Arcuri, Azelio Corni, Antonella Aprile, Josè Demetrio Pena Sosa, Teresa Morelli, Loredana Cerveglieri
Esposizione e vendita
Catalogo disponibile in teatro
www.festivaldellelettere.it/
www.depart.it
info@gianlucachiodi.com
http://www.gianlucachiodi.com

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