giovedì 4 dicembre 2008

Bruno Starita e la sua Scuola


Prefazione
La mostra di acqueforti del Maestro Bruno Starita e di alcuni fra i suoi allievi, che l'Ambasciata d'Italia, sotto gli auspici del Ministero degli Affari Esteri, ha organizzato in Kuala Lumpur, e' evento di rilievo che s'inscrive nell'ampio programma d'iniziative volte a far conoscere in Malaysia i diversi aspetti dell'arte italiana inserendosi in particolare nel quadro dell'VIII edizione della Settimana della Lingua Italiana nel Mondo.
Sono persuaso, quindi, che, da questo angolo visuale, la mostra lascera' una traccia importante anche al di la' della sua conclusione.
Esplorare un'opera d'arte non significa effettuare soltanto una ricerca tecnica, estetica, e, magari, una riflessione filosofica; bensi' pure lasciarsi catturare dall'emozione tentando di scoprire l'idea - o il sogno - che ha mosso l'Autore.
Questo e' tanto piu' vero quando si tratti di gettare lo scandaglio nelle profondita' mentali di espressioni artistiche che sono il frutto di procedure tecniche altamente complesse e, direi, sofisticate.
D'altro canto, e' difficile per chi non sia addetto ai lavori - "intendente delle arti", si diceva nel passato - comprendere subito il valore di una "stampa": in altre parole, e' per lui motivo di sorpresa il fatto che un'immagine (una figura umana, una natura morta, un paesaggio, anche una forma astratta) impressa sul foglio a mezzo d'un torchio nasca da una lastra di metallo, in genere rame, giacche' non sa che essa e' il risultato finale d'un procedimento che impone profonda conoscenza dei misteri della chimica e manualita' sperimentata (quella che s'acquisisce con l'esercizio ininterrotto, a partire dagli anni dell'apprendistato nella "bottega" del Maestro), al servizio del pensiero, dell'idea che hanno animato l'artista.
Non compete a me svolgere notazioni critiche sulle opere di Brun Starita, calcografo di rinomanza europea, e dei suoi allievi (sono presennti , qui, Lina Boffa, Maurizio Meola, Anna Gallo, Maria Linda Nunziata, Michele Porta, Fabiana Paparozzi, Luana Raia, Salvatore Maria Sergio e Aniello Scotto: soltanto alcuni della grande schiera a cui ha impartito il suo insegnamento all'Accademia di Belle Arti di Napoli, e tutti, ormai, avviati lungo itinerari artistici autonomi), poiche' a questo ha provveduto con il riconosciuto acume e con grande finezza filologica ed ermeneutica, il professore Nicola Spinosa, illustre storico dell'arte e Soprintendent Speciale del Polo Museale di Napoli; mi corre, viceversa, l'obbligo manifestare la mia gratitudine ai miei collaboratori e alla Soka Gakk Malaysia che hanno lavorato con impegno e dedizione per la realizzazione della mostra, condividendo le difficolta' e le preoccupazioni che sempre precedono un evento di grande rilievo culturale e sociale.
Infine, voglio esprimere l'auspicio che sia grande il movimento dei visitatori, talche' sempre piu' vasta risulti in Malaysia la conoscenza dell'arte italiana, di cui le opere di Starita e dei suoi allievi sono aspettol assai significativo.

Alessandro Busacca Ambasciatore d'Italia a Kuala Lumpur

Bruno Starita e la sua Scuola

Nell'affascinante dialogo - composito e multiforme - che si sta svolgendo tra l'Oriente e l'Occidente, questa mostra, dedicata a un italiano incisore e alla sua scuola, si colloca nel solco della reciproca comprensione e diventa occasione per ulteriori contatti e stimolanti confronti.
La sperimentazione della tecnica dell'incisione e la ricerca di temi inconsueti - arcaici e pure attuali, di derivazione colta e interiore all'un tempo - sono le costanti del lavoro di BrunoStarita che alla pratica calcolgrafica, nel corso della sua esperienza, ha dedicato sempre maggiore attenzione fino ad accantonare, progressivamente, e quasi del tutto, la pittura.
Dopo i Paesaggi scomposti e geometrizzati degli anni '50 e i vari cicli delle Metamorfosi, alla meta' degli anni '70 la produzione ha un radicale rinnovamento.
Il ritrovato interesse per la pittura, infatti, trattata con "la stessa squisitezza di mezzi, lo stesso recupero di un'antica sapienza e pulizia di mestiere delle sue incisioni" (Raffaello Causa) determina, nella produzione grafica, della quale ribadisce la piena autonomia iconografica, tecnica e stilistica - se non la superiorita' - un segno asciutto, duro e severo che da' vita ad immagini essenziali, a volte meccaniche.
Dalla fine degli anni '70 il bulino prende sempre piu' il sopravvento sulle altre tecniche che pure l'artista conosce e governa con perizia quasi alchemica, ed il rapporto diretto con la lastra di rame, con il segno inciso, indirizza la ricerca di Starita.
Raffaello Causa notava come "queste opere, magicamente curate" rappresentassero "la coerente continuazione, lo sviluppo naturale delle sue precedenti ricerche, ossessive ed introverse" evidenziando quanto quelle opere rappresentassero - gia' venti anni fa -la consapevole opposizione di Starita a "quell'idea di modernita' irrifiessiva, attivistica, improvvisatrive e divoratice di se' medesima nella frenetica e insaziabile cupidita' del nuovo", capace di "destare il sospetto di un attualismo irresponsabile, fabbricatore di miti pericolosi".
Agli inizi degli anni '80 la produzione raggiunge una sontuosita' tecnica senza pari, che corrisponde ad immagini di grande complessita', con citazioni frequenti di brani di natura stravolti e trasposti da una forza visionaria che, liberando l'artista dal verismo che spesso affligge gli epigoni del surrealismo, gli consente di raggiungere valori nuovi, proponendo forme dinamiche e luminose alle quali la perizia tecnica con cui tratta il bulino, l'acquaforte, l'acquatinta con audaci sperimentazioni con la vernice molle, conferisce alle immagini una particolare forza espressiva intrinseca nei segni e nei bianchi.
Dalla mostra antologica che la nostra Soprintendenza - allora per I Beni Storici e Artistici - volle dedicare, nel 1981, a Bruno Starita, nei Saloni della Villa Pignatelli di Napoli, sono passati venticinque anni, e Starita ha continuato, senza interruzioni, senza sbavature o incertezze, a esercitare la sua arte quasi come una pratica spirituale, trovando stimoli e forze nuove da una riflessione costante, lirica eppure disincantata sulla vita - le sue bellezze e i suoi orrori - attraverso un senso arcaico della conoscenza continuamente attraversato, quasi violato, dal suo tempo, un tempo rincorso e, a volte quasi anticipato, tramite un segno capace di conoscere e indagare, comunicare ed emozionare, utilizzando esclusivamente la sua propria grammatical che esprime, nella gamma dei bianche e dei neri, un mondo multiforme e variopinto, di cui resta protagonista la natura: violata dall'uomo eppure trionfante, matrigna fagocitante e affascinante, caos e ordine al tempo stasso.
Accanto alla vita da artista, la vita da maestro, Starita, come altri artisti napoletani della sua generazione, ha attraversato la storia dell'Accademia di Belle Arti: dopo esserne stato allievo, vi ha insegnato Tecniche dell'Incisione per oltre quaranta anni.
Accompagnare ad una sua mostra una selezione di allievi di varie eta' e, dunque, dai destini diversi per fatti generazionali o scelte di vita, e dalle diverse vocazioni, significa coglierne il passaggio sapienziale.
La competenza tecnica, l'unica trasmissibile, e' stata passata dal maestro all'allievo.
Per il resto, ognuno e' solo.
Nicola Spinosa
Soprintendente Speciale per il Polo Museale di Napoli

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