martedì 1 aprile 2014

Lea Maberti De angelis - Ricordo D'Artista


Lea Maberti De Angelis è nata a Roma nel 1928. Ha studiato modellato e incisione alla Scuola d'arte del Bucchero e alla Scuola della medaglia della Zecca. Si dedica al disegno e alla pittura, ma la sua preferenza va essenzialmente alla manipolazione della creta. Ha insegnato anche in varie Associazioni di Roma, modellazione. Per la Parrocchia di Santa Monica Ostia Lido Roma ha realizzato le formelle con la vita di S. Monica. Ha insegnato scultura presso la Coop. Mar dei Coralli e per L'Associazione Nuova Armonia.

La scultura di Lea De Angelis si scrolla di dosso le parole di chi volesse definirla con qualche formula di circostanza tratta dal repertorio della storia dell'arte. Proprio come nel caso della persona Lea, dopo qualche frase, se non si giunge al punto, sembra quasi di sentire la sua voce che incita: "Adesso lasciamo stare le chiacchiere e parliamo davvero".

Cosa dire, infatti, di forme che parlano effettivamente da sole? I titoli lo confermano: si toccano sentimenti che sono eterni, universali, che ciascuno ha provato. Anche quei corpi umani sono i nostri corpi, siamo noi. Sono giovani, hanno bellezza ma siamo comunque noi anzi, proprio perché hanno bellezza e vigore, li riconosciamo come la più intima essenza di noi stessi, quella che non si degrada come le cose materiali, che è fatta per la vita.

Lea si è fatta da sola, (come si direbbe di un imprenditore). Si è scelta la sua strada, l'ha difesa e l'arte l'ha fatta libera di stare da pari a pari di fronte a chiunque (e bisogna considerare che nella Roma di cinquant'anni fa una donna-artista era veramente un personaggio insolito).

Oggi Lea si presenta al pubblico con cose nuove e cose già esposte nel recente passato. La continuità è quella che si addice a chi non può essere che sé stessa.

Il corpo umano, femminile spesso, è tutto ciò di cui l'artista (ma potremmo anche dire la scultura in genere) ha bisogno per mettere in opera il suo "incanto". Con un gioco di parole si potrebbe veramente dire che questo delle forme umane è un canto nel senso che tanto il cantare dista dalla semplice parlata quotidiana quanto l'arte di Lea rivela di quanta armonia è capace questa nostra veste corporea. Viene a mente che, al di là della sua funzionalità, il corpo umano sia veramente uno strumento, una sorgente di bellezza, poesia di carne.

Le figure della scultrice sono a volte in reciproca relazione: la coppia si atteggia secondo le attitudini fondamentali della vita in comune. La Tenerezza (che sovverte la gravità del corpo), la sensualità del Bacio, quella dell'intesa inebriante che si crea della Danza o, addirittura, la smisurata prospettiva della Vita stessa (cito titoli di sue sculture).

Se è la figura femminile ad essere rappresentata in solitaria posa, Lea si concede uno scavo interiore, un diario (il suo, forse): la Noia, il Sogno, la Rabbia. Forse qui la figura del partner è presente pur nella mancanza fisica, come rapporto di nostalgia, desiderio o perdita. Per restare in tema, anche il canto degli uccelli si rivolge ad un'assenza, un vuoto che si fa slancio.

La forma maschile invece ha, nella scultura di Lea De Angelis, qualche spunto drammatico in più e, quando mette in scena la solitudine, non sembra tanto esprimere delusione dell'uomo per il mancato amore ma un tormentato dialogo con la vita stessa, le sue promesse e le delusioni. Qui, sottotraccia, sembra che Lea voglia ammonire: noi donne sappiamo meglio riconoscere dove sia la vita e la felicità, anche quando ci sfugge, mentre voi uomini, persi dietro chimere esistenziali, potere mancare di accorgervi del vero bene che avere accanto. Ecco, allora, che si contempla la Sconfitta ma anche il suo contrario, l'Ideale, forse reciproche facce di una moneta tanto cercata.

Lea ha molto da insegnarci. Le sue ottanta e passa Primavere non sono state perse e, come quelle sue erbe messe sotto spirito che distillano un liquorino da lasciare a bocca aperta, anche la sua amicizia impone di fare piazza pulita da ogni ingorgo di stupide complicazioni: la vita è una, corre e si spende anche per chi è avaro di sé, offre doni che possiamo non riconoscere nel loro valore (forse perché male incartati).

Bisognerebbe anche parlare della qualità dei suoi lavori, soprattutto per l'istintiva sapienza della forma umana che sembra infallibile ma le lodi è bene che siano un atto spontaneo degli spettatori di fronte a queste sculture, distillato d'umanità.

Testo critico di Gianluca Tedaldi, Storico dell'Arte.

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