La tecnologia e il digitale sono campi tradizionalmente dominati dagli uomini, con una sistematica emarginazione delle donne sia nella produzione che nella narrazione attorno a questi temi. La critica femminista ha evidenziato più volte questa esclusione, mettendo in discussione i dualismi rigidi che fondano la nostra cultura: umano/meccanico, natura/cultura, maschile/femminile. Ed è proprio attraverso la figura del cyborg che il pensiero femminista ha trovato un potente strumento per ridefinire le identità e le soggettività nel contesto tecnologico.
Il cyborg come rottura del dualismo
La filosofa e scienziata Donna Haraway ha introdotto il concetto di cyborg come entità ibrida che sfida le categorizzazioni tradizionali. Il cyborg «diffonde e confonde deliberatamente e abbastanza spudoratamente le distinzioni dualistiche», aprendo nuove possibilità per immaginare un soggetto non più vincolato da rigide definizioni biologiche o culturali. In un’epoca in cui la tecnologia permea ogni aspetto della nostra esistenza, il cyborg diventa metafora di una soggettività fluida, non confinata nei ruoli di genere imposti dalla società.
L’esclusione delle donne dalla discussione sulla tecnologia
Nonostante l’impatto crescente della tecnologia sulla vita quotidiana, le donne continuano a essere marginalizzate nelle discussioni accademiche, nei ruoli di leadership tecnologica e persino nelle rappresentazioni artistiche del futuro digitale. La narrativa dominante spesso relega le donne a ruoli passivi o di consumo, mentre gli uomini rimangono protagonisti della creazione e dell’innovazione tecnologica. Questo fenomeno è visibile non solo nei settori scientifici e informatici, ma anche nell’immaginario artistico e cinematografico, dove la tecnologia è spesso raccontata attraverso una lente maschile.
Il soggetto cyber e la molteplicità delle identità
Oltre a sfidare la dicotomia uomo/macchina, il "soggetto cyber" ha aperto spazi di riflessione anche per le identità sessuali minoritarie e trasgressive. Esso diventa una figurazione di corpi e identità che non si riconoscono nelle strutture binarie dell’eterosessualità normativa e che rifiutano anche l'omosessualità come ghetto socio-culturale. In questo senso, la tecnologia e la digitalizzazione permettono di sperimentare nuove forme di espressione e autodeterminazione, rendendo fluide le categorie di genere e sessualità.
Arte e tecnologia: uno spazio di resistenza femminista
L’arte contemporanea ha spesso abbracciato il linguaggio del cyborg per esplorare il rapporto tra corpo, tecnologia e identità. Artiste come Lynn Hershman Leeson, Orlan e Stelarc hanno utilizzato il corpo ibridato con la tecnologia per sfidare le normatività di genere e proporre una visione postumana della soggettività. Queste pratiche artistiche rappresentano una forma di resistenza contro l’emarginazione delle donne nel discorso tecnologico, dimostrando che l’arte può essere uno spazio di riappropriazione e sovversione.
Lynn Hershman Leeson, ad esempio, ha creato opere come Roberta Breitmore, un’alter ego digitale che ha vissuto una propria vita indipendente, dimostrando come l’identità possa essere costruita e decostruita attraverso la tecnologia. Orlan ha modificato il proprio corpo con interventi chirurgici ispirati a ideali estetici provenienti da diverse epoche e culture, mettendo in discussione il concetto di bellezza e l’imposizione di canoni estetici patriarcali. Stelarc, invece, ha esplorato la fusione tra corpo umano e macchina attraverso protesi cibernetiche e impianti interattivi, sollevando interrogativi su come la tecnologia possa ridefinire l’identità e il controllo sul corpo.
Altre artiste hanno esplorato la tecnologia in chiave femminista per denunciare le discriminazioni di genere e proporre nuove narrazioni. Mary Maggic, ad esempio, lavora con la bioarte per esaminare gli effetti degli ormoni sintetici sul corpo, sfidando le concezioni tradizionali del genere e della sessualità. Heather Dewey-Hagborg utilizza la biotecnologia per evidenziare le implicazioni politiche della sorveglianza genetica e delle tecnologie di riconoscimento facciale.
L’arte digitale, la realtà aumentata e l’intelligenza artificiale stanno diventando strumenti sempre più centrali nella lotta contro la discriminazione di genere nel mondo digitale. Le installazioni immersive e le esperienze interattive permettono di riscrivere le narrazioni sul corpo e sulla soggettività femminile, offrendo alle donne e alle minoranze di genere una piattaforma per esprimere la propria identità in modo autonomo e innovativo.
La critica femminista alla tecnologia non è solo una denuncia dell’emarginazione delle donne, ma anche un invito a ripensare radicalmente le categorie che strutturano la nostra società. Il cyborg, in quanto figura di resistenza e ibridazione, rappresenta una possibilità per superare i dualismi imposti e costruire nuove narrazioni in cui le donne e le identità non conformi possano avere un ruolo centrale nella definizione del futuro tecnologico. L’arte, con il suo potenziale sovversivo, continua a essere un potente strumento per mettere in discussione le gerarchie e immaginare nuovi modi di essere e di creare.
Foto: Roberta Breitmore - Lynn Hershman Leeson - Nasher Museum of Art at Duke University