Affresco rinascimentale ritrovato sulla facciata dell’Hotel Rialto

Un dipinto ritrovato tra le pietre e la salsedine: il murale svelato sulla facciata dell’Hotel Rialto a Venezia

Affresco rinascimentale Venezia

 

Venezia ha svelato un nuovo frammento del suo passato artistico: un dipinto murale riemerso dalla facciata di un edificio che oggi ospita l’Hotel Rialto, affacciato sul Canal Grande. Un ritrovamento tanto affascinante quanto misterioso, che riporta l’attenzione su una pratica decorativa diffusa nel Rinascimento veneziano ma in gran parte perduta, e che solleva interrogativi tanto sulla sua iconografia quanto sulla sua sorprendente conservazione.

Una scoperta nel cuore di Venezia

Il dipinto è stato scoperto nel corso di un intervento di restauro che ha coinvolto la facciata dell’edificio affacciato su Riva del Ferro, a pochi passi dal celebre Ponte di Rialto. Quando è stato rimosso il ponteggio, il pubblico ha potuto finalmente ammirare l’opera: due figure femminili e una maschile, rappresentate quasi a figura intera, con un’evidente impronta allegorica, sebbene l’interpretazione iconografica rimanga ancora incerta.

Il mistero avvolge anche l’identità dell’autore, rimasto sconosciuto, e le ragioni che hanno portato alla copertura del dipinto in passato. Si ipotizza un mutamento del gusto o delle esigenze architettoniche come possibile causa, dinamica non infrequente in una città dalla storia lunga e stratificata come Venezia.

Un linguaggio pittorico perduto (e ritrovato)

La scoperta si inserisce in una tradizione di decorazione pittorica delle facciate che ha avuto grande fortuna tra il XV e il XVI secolo non solo a Venezia, ma anche a Firenze e Roma. A Venezia, in particolare, si trattava di una forma d’arte diffusa, tanto che pittori del calibro di Giorgione, Tiziano, Tintoretto, Veronese e Palma il Vecchio vi si cimentarono, spesso su commissione della nobiltà o della stessa Repubblica.

Questi murali, oggi quasi del tutto scomparsi, fungevano da vere e proprie “tele urbane”, capaci di trasmettere valori civici, allegorie morali, storie religiose o mitologiche, ma anche semplicemente di ostentare la ricchezza e il prestigio dei committenti. Una pratica che, come testimoniano le fonti storiche, si è sviluppata parallelamente alla pittura su tela, con un suo linguaggio autonomo e peculiare.

La facciata del Fondaco dei Tedeschi affrescata da Giorgione nel 1508 è forse l’esempio più emblematico, anche se oggi ne sopravvivono solo frammenti e documentazioni. Similmente, Tiziano vi lavorò accanto, e lo stesso Tintoretto decorò Palazzo Guffoni con scene bibliche oggi note solo attraverso fonti scritte.

Resistenza alla salsedine: un enigma tecnico

Uno degli aspetti più sorprendenti del ritrovamento è la relativa buona conservazione del dipinto, malgrado l’esposizione secolare agli agenti atmosferici e, soprattutto, alla salsedine lagunare. Questa condizione ambientale è nota per la sua aggressività verso superfici pittoriche e materiali lapidei, tanto da rappresentare una sfida costante per la conservazione del patrimonio veneziano.

Come ha fatto, dunque, questo dipinto a resistere al tempo e al sale?

Le risposte arrivano in parte dai restauratori: il dipinto era stato coperto da strati successivi di intonaco o pittura, che ne hanno paradossalmente garantito la sopravvivenza. Questa copertura ha agito come barriera protettiva contro l’azione del vento, dell’umidità e del sale, schermandone i pigmenti originali.

Inoltre, è possibile che la tecnica pittorica adottata abbia influito positivamente: si ipotizza l’utilizzo di pigmenti minerali stabili e di leganti idonei al clima umido, caratteristiche comuni nei cicli decorativi murali dell’epoca, spesso eseguiti a fresco o a secco su base intonacata trattata con specifiche preparazioni.

Un altro fattore da considerare è l’esposizione dell’edificio: la posizione relativamente protetta della facciata potrebbe aver mitigato l’impatto diretto dell’acqua alta e dei venti salmastri.

Un patrimonio da valorizzare (e da proteggere)

Ora che l’opera è di nuovo visibile, camminando lungo la Riva del Ferro è sufficiente alzare lo sguardo al primo piano dell’edificio per ammirare questo raro esempio di pittura murale rinascimentale veneziana. Tuttavia, i restauratori non escludono che, in futuro, possa essere necessario rimuoverla e collocarla in un ambiente protetto, al fine di assicurarne la conservazione a lungo termine e consentire una fruizione ottimale.

Si tratterebbe di una scelta delicata ma comprensibile, alla luce dell’esperienza passata: molti affreschi veneziani sono andati perduti proprio perché esposti agli agenti atmosferici e ai mutamenti urbanistici.

Un’eredità che parla al presente

Il ritrovamento del murale sull’Hotel Rialto è molto più di un semplice episodio di cronaca artistica: è una testimonianza preziosa della memoria urbana, un ponte tra l’epoca rinascimentale e il presente, e un’occasione per riflettere sull’importanza della conservazione attiva del patrimonio artistico, soprattutto in contesti fragili come quello lagunare.

In un periodo storico in cui le città rischiano di essere ridotte a scenari da cartolina, questo affresco restituisce a Venezia un frammento della sua identità visiva più autentica. E ci ricorda, con forza, che l’arte non è mai solo decorazione: è segno, linguaggio e documento vivo della storia.

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