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lunedì 9 luglio 2007
Ultima cena: il capolavoro di Leonardo da Vinci
L'Ultima cena di Leonardo da Vinci fu realizzata su commissione di Ludovico il Moro, signore di Milano, negli stessi anni in cui Bramante ricostruiva il coro della chiesa di Santa Maria delle Grazie, destinata a mausoleo degli Sforza.
La tecnica pittorica mista col ricorso a particolari leganti (sostanze oleose e resine che consentono la coesione dei pigmenti di colore), utilizzata da Leonardo da Vinci per poter ritornare su parti già eseguite (un intervento impossibile con la rapida tecnica dell'affresco), da una parte è segno del carattere sperimentale della ricerca pittorica del maestro, dall'altra è la causa principale del degrado dell'opera, sensibile agli effetti deleteri dell'umidità e degli agenti atmosferici.
Già dal 1517 si registrarono cadute di pigmenti e offuscamento del colore; dal Seicento fu più volte ritoccata o in parte ridipinta, fino all'attuale restauro di deumidificazione e pulitura.
Superando la tradizionale iconografia quattrocentesca, Leonardo da Vinci rappresenta non la scena eucaristica ma il momento successivo alle parole di Cristo, "In verità, vi dico, uno di voi mi tradirà", che generano il violento turbamento degli apostoli. Al tema dell'Eucarestia - il gesto del Cristo che indica il pane e il vino sulla tavola imbandita - si sovrappone una sequenza temporale: l'annuncio del tradimento innesca la concatenazione ritmica di reazioni emotive degli apostoli, raggruppati tre a tre, respinti e attratti dalla figura centrale, isolata e statica di Cristo. I moti interiori sono rivelati dalla sorprendente mimica dei gesti e degli sguardi, tale da caratterizzare le diverse nature umane, tra cui quella di Giuda che si ritrae, colpevole.
Il dramma ha un'ambientazione scenografica. Leonardo da Vinci conosce la cultura prospettica fiorentina, in particolare albertiana e urbinate; l'alimenta di studi matematici, geometrici e architettonici relativi alla planimetria accentrata di edifici religiosi. Nel Cenacolo propone una soluzione prospettica illusionistica: prolunga lo spazio reale dell'ambiente con quello dipinto secondo uno schema prospettico avente il punto di fuga nella figura di Cristo. L'illusione che la rappresentazione appartenga allo stesso spazio fisico del refettorio coinvolge lo spettatore. La scala delle dimensioni dei personaggi, superiore al naturale, conferisce loro maggiore monumentalità e rilievo, accentuati anche dalla luce proveniente dal fondo. La luce rischiara la parete destra conformemente alla reale illuminazione del refettorio, che presenta finestre solo sulla parete sinistra.
Le ricerche sui moti interiori e sull'espressività, sul rapporto tra figure e spazio, tra spazio reale ambientale e illusionistico e luce naturale conferiscono alla drammatizzazione del tema il carattere innovativo di una monumentale scena teatrale.
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