
In seguito al sacco di Roma del 1527 e alla diaspora degli allievi di Raffaello, a partire dagli anni trenta l'istituzionalizzazione della "maniera" ne comporta la definizione come imitazione del linguaggio formale dei grandi maestri, Raffaello e Michelangelo.L'artista si riserva ampio margine di libertà rispetto alle regole del Classicismo (ordine, organicità,proporzione, imitazione della natura) in nome della varietà, della licenza, dell'invenzione, dell'artificio, della bizzarria, del grazioso, del caricaturale. Si amplia la corrispondenza tra arte e mondo letterario: la pubblicazione delle "Vite dé più eccellenti pittori, scultori e architettori" (1550 - 1568) ad opera di Giorgio Vasari traccia un primo profilo storico dell'arte italiana dal Duecento al Cinquecento individuando in Cimabue e Giotto gli iniziatori di un rinnovamento e di uno sviluppo artistico culminante in Raffaello e Michelangelo. E' un'opera storiografica volta a sostenere il primato artistico e culturale di Firenze, a cui si contrappone l'esaltazione della tradizione veneziana presentata nella forma del dialogo tra conoscitori e appassionati d'arte nel "Dialogo della pittura intitolato l'Aretino" (1557) di Ludovico Dolce. Determinanti sono i contatti diretti tra artisti e colta committenza aristocratica, nonché la nascita delle Accademie, che riconosce definitivamente all'artista il ruolo di intellettuale: a Firenze l'Accademia del Disegno (1562), insieme all'Accademia letteraria fiorentina (1541) e all'Accademia linguistica della Crusca (1582), domina la vita culturale della città.

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