Akihiko Takeda e Bruno Munari: sensualità, materia e sperimentazione tra Giappone e Italia
Nel mondo dell’arte contemporanea, alcuni artisti diventano veri e propri simboli culturali. Dire Akihiko Takeda in Giappone è un po’ come dire Bruno Munari in Italia. Due figure emblematiche che, pur appartenendo a contesti geografici e culturali diversi, condividono un’identica visione: l’arte come sperimentazione sensoriale, gioco creativo e filosofia della forma.Questo confronto tra Takeda e Munari diventa ancora più interessante alla luce dei recenti eventi espositivi, come l’appuntamento “Opera Sexy” curato da Ferruccio Giromini, dove i gessi sensuali di Takeda sono al centro di una nuova lettura tattile ed erotica della scultura giapponese.
Akihiko Takeda: l’artista giapponese che ha fatto del tatto un linguaggio
Nato nel 1930, Akihiko Takeda è stato un maestro dell’arte multidisciplinare giapponese. Pittura, ceramica, tessuti, vetro, metalli, fotografia, scultura: l’artista ha attraversato materiali e tecniche con uno spirito creativo e sperimentale unico.
Il suo percorso parte negli anni Cinquanta nel mondo della pubblicità artistica (collaborando con marchi come Toyota, Shiseido, Tiffany & Co.) e si evolve fino agli anni Novanta, quando i frequenti soggiorni in Italia — dove viveva la figlia — lo avvicinano alla scultura in marmo e bronzo. In seguito, torna in Giappone e si dedica alla ceramica incisa e all’antica arte dell’origami, esplorando ogni forma del linguaggio visivo e materico.
I gessi sensuali di Akihiko Takeda in mostra a “Opera Sexy”
Tra le pratiche scultoree più originali di Takeda spicca quella dei nudi in gesso, oggi protagonisti dell’evento “Opera Sexy”. In questi lavori, l’artista giapponese utilizza il gesso non solo come materiale plastico, ma come veicolo di sensualità tattile. Modificando l’impasto con minerali selezionati, Takeda ottiene superfici più solide, lucenti e setose al tatto, eliminando la necessità di una struttura metallica interna.
I corpi femminili scolpiti da Takeda si stagliano nel loro candore con una purezza che richiama la tradizione italiana di Carrara, ma con uno spirito estetico che guarda anche alle avanguardie europee, da Picasso a Matisse. Tuttavia, la vera unicità risiede nel desiderio fisico che queste forme evocano: l’opera non chiede solo di essere guardata, ma di essere toccata, in una sfida sensuale all’intangibilità museale.
Scultura tattile ed erotica: un’arte che si fa carezza
Questa dimensione erotica e tattile è il cuore della poetica scultorea di Akihiko Takeda. La scelta del gesso — materia fragile ma trasformata in compatta morbidezza — diventa un gesto artistico coerente con il contenuto. Il tatto, in questo ciclo di opere, non è vietato ma desiderato, e l’arte diventa così esperienza sensoriale totale.
In nessun altro periodo della sua carriera Takeda ripeterà questa tecnica: è un unicum, un momento creativo isolato, che dimostra quanto per lui la tecnica sia parte integrante del messaggio artistico.
Bruno Munari e Akihiko Takeda: due maestri della multidisciplinarità
Il paragone tra Akihiko Takeda e Bruno Munari non è solo suggestivo, ma profondamente fondato. Munari, figura cardine dell’arte e del design italiano del Novecento, ha sempre promosso un’arte fatta di gioco, funzione e sorpresa. I suoi celebri libri illeggibili, le macchine inutili, le sculture tattili per bambini non vedenti e le sperimentazioni con carta e luce lo rendono affine, per metodo e spirito, al collega giapponese.
Entrambi hanno abbattuto le barriere tra arte e design, tra artigianato e concettualità, tra prodotto e poesia. Dove Munari traduce il pensiero in leggerezza visiva, Takeda lo fa in densità sensoriale. Ma l’approccio è lo stesso: l’arte come gioco serio, come esperienza immersiva, come interazione con il pubblico.
Due culture, un'unica filosofia artistica
Pur provenienti da due mondi culturali diversi — l’uno italiano e modernista, l’altro giapponese e post-bellico — Munari e Takeda condividono una visione plurale e umanistica dell’arte. Entrambi sono stati capaci di tradurre le tradizioni dei loro paesi in un linguaggio contemporaneo e globale, sempre con un’attenzione particolare per i materiali, la forma, e soprattutto per l’esperienza dell’osservatore.
Takeda, avvicinandosi all’origami nei suoi ultimi anni, chiude idealmente un cerchio simile a quello tracciato da Munari: dalla materia alla carta, dal peso alla leggerezza, dal corpo alla piega.
La scultura come invito al contatto
In un tempo in cui l’arte tende spesso alla provocazione verbale o all’eccesso visivo, Akihiko Takeda e Bruno Munari ci ricordano che l’innovazione può passare per la delicatezza, per il gesto semplice ma profondo.
I gessi erotici di Takeda, con la loro purezza e il loro invito al contatto, ci riportano a una dimensione intima dell’arte, che non si accontenta di essere vista ma vuole essere sentita. Così come Munari chiedeva di “giocare” con l’arte, Takeda ci invita a carezzarla, con rispetto e desiderio.
Due visioni, due stili, due mondi: ma un solo messaggio. L’arte è relazione. E la relazione più vera passa attraverso i sensi.
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