La scultura è spesso vista come un linguaggio del passato, lontano dalle sfide del presente. Questo concetto è stato espresso nel celebre saggio “Scultura lingua morta” di Arturo Martini. Tuttavia, l'artista Giorgio Andreotta Calò sfida questa visione con la sua mostra a Ca' Pesaro, a Venezia, trasformando la scultura in un linguaggio vivo, capace di dialogare con il contemporaneo e rispondere alle esigenze del nostro tempo.
La mostra di Giorgio Andreotta Calò: un dialogo tra passato e presente
Nella mostra di Andreotta Calò, la scultura diventa uno strumento di riflessione sul tempo e la memoria. Il confronto tra la Testa di Medusa (1929) di Arturo Martini e le opere Meduse di Calò rappresenta il cuore pulsante dell'esposizione. La tensione tra la pietrificazione di Martini e la fluidità contemporanea delle sculture di Calò evidenzia come la scultura non sia più un linguaggio muto, ma una voce viva che risponde alle inquietudini del presente. Questo dialogo visivo tra passato e presente rende la scultura un linguaggio potente e rinnovato.
Venezia nell'arte di Giorgio Andreotta Calò
La mostra di Andreotta Calò a Ca' Pesaro non è solo un'esplorazione della scultura, ma anche un omaggio alla città di Venezia. Opere come le Clessidre (2017-2022) e le Pinne Nobilis richiamano i fondali lagunari, simbolo del profondo legame tra l'artista e la città. La corruzione dei tronchi, modellati dalle maree, evoca la forza del tempo e il fragile equilibrio tra natura e intervento umano, temi centrali nel lavoro di Calò. Queste sculture parlano del mutamento continuo e della memoria del paesaggio veneziano, creando un dialogo visivo tra arte e natura.
Scultura e architettura a Ca' Pesaro: un intreccio tra passato e contemporaneo
L'interazione tra scultura e architettura è un elemento chiave della mostra. I carotaggi – lunghi tubi semicilindrici in acciaio – non sono solo strumenti scientifici, ma vere e proprie opere d'arte che raccontano la storia stratificata di Ca' Pesaro. Grazie alla collaborazione con il collettivo Ipercubo, questi lavori combinano documenti d’archivio e fotografie storiche per esplorare la trasformazione fisica e simbolica del Palazzo Longheniano, in un dialogo profondo tra l'antico e il contemporaneo. La mostra diventa così un’esperienza che unisce la scultura all’architettura, raccontando la storia della città di Venezia.
La scultura come linguaggio universale e vitale
Con Scultura lingua morta, Giorgio Andreotta Calò non solo risponde alla provocazione di Martini, ma dimostra come la scultura sia tutt'altro che una "lingua morta". La sua arte, infatti, trasforma la materia in uno strumento capace di evocare la memoria e la trasformazione. L'acqua, elemento invisibile ma onnipresente, permea le sue opere, dando loro una forza silenziosa e potente. La scultura di Calò diventa così un linguaggio universale che, intrecciando passato e presente, riesce a parlare al nostro tempo con una voce nuova e rinnovata, dimostrando la vitalità di questa forma artistica.
La scultura come linguaggio vivo a Ca' Pesaro
La mostra di Giorgio Andreotta Calò a Ca' Pesaro non solo sfida la visione tradizionale della scultura come linguaggio morto, ma la reinventa come uno strumento vivo e dinamico, capace di rispondere alle sfide del presente. Attraverso il confronto tra opere del passato e del contemporaneo, e grazie alla sua connessione profonda con Venezia, Calò ci invita a riscoprire la scultura come linguaggio universale, in grado di parlare a tutti, oggi come ieri.